Quando è tutto troppo
Quel senso di sopraffazione che ogni persona ADHD conosce fin troppo bene.
Capitano spesso, quei momenti in cui vorresti mandare tutti a quel paese. Solitamente coincidono con periodi di forte stress, impegni che non si incastrano e treni che non arrivano mai puntuali. Per quel che mi riguarda, negli ultimi tempi la litania di imprecazioni è una colonna sonora fissa. E quel che mi fa stare peggio, è che non ho un capro espiatorio con cui prendermela. Tranne Salvini per i treni.
Forse potrei maledire la pre-menopausa, ma non darebbe lo stesso gusto delle male parole urlate che uscivano dalla mia bocca quando i capri espiatori erano, in ordine cronologico: i miei genitori, i bambini indisciplinati quando facevo l’animatrice all’oratorio, mia sorella di dieci anni più piccola di me quando toccava farle da baby sitter, il fidanzato di turno, i guidatori irresponsabili, ancora mia madre.
Oltre alle rughe, gli anni mi hanno portato una buona dose di saggezza: ho imparato a riconoscere la mia insofferenza e cedo di rado all’impulso di dire cose che non penso. Eppure, quando è troppo, è troppo. E da qualche parte quel troppo deve sfogarsi. Per lo meno, questo è quello che mi sono sempre raccontata. Ci ha pensato la psicoeducazione, a farmi ricredere: non basta sbottare a caso con chi ti è vicino per gestire la sopraffazione.
Sopraffazione e dove trovarla
Sentirsi sopraffattə è diverso dall’essere in burnout. Diciamo che può essere lo step prima del crollo psico-fisico ed emotivo che ci porta a stare a letto per giorni, quel livello di sovrastimolazione e agitazione da cui è ancora possibile tornare indietro per rimettere insieme i pezzi. Una sorta di anteprima del burnout.
Per una persona ADHD ci vuole poco perché arrivi la sopraffazione. Sono sufficienti una buona dose di stimoli sensoriali prolungati nel tempo, molti input diversi tutti insieme e lo sforzo di mantenere l’attenzione sostenuta su un determinato compito. A cui aggiungiamo il rumore interiore di fondo che non smette mai di far lavorare la testa, una routine assente o stravolta per diversi fattori esterni e un’enorme difficoltà a dormire decentemente per almeno sette ore di fila. Avremo così la ricetta perfetta per una persona ADHD travolta dagli eventi e da se stessa.
Il momento prima della sopraffazione
Ogni persona neurodivergente ha il proprio punto di fumo: quel momento in cui tutto inizia a deteriorarsi e a bruciare. Chiamatelo se volete punto di non ritorno: oltre quella soglia è solo caos e oblio. Per me è stato essenziale riconoscerlo, perché mi ha permesso di evitare gli attacchi di panico. Per molti anni sono andata avanti come un treno incurante dei segnali, fino a che il mio cervello ha messo in atto questo atavico meccanismo di difesa: ti induco una serie di sintomi e malesseri fisici spaventosi affinché tu possa capire che qualcosa non va (nota a margine: non rassegnatevi a subire gli attacchi di panico, scavate a fondo finché non ne venite a capo. Perché non è mai la malattia, ma solo un sintomo).
E il momento dopo
Quando è tutto troppo, è necessario sfoltire quel troppo per non soccombere. Si può iniziare dagli stimoli, molti dei quali possono essere ridotti drasticamente (come le notifiche dei device), altri possono essere educati (come le persone). È chiaro che non è tutto nelle nostre mani: se sulle notifiche ho una certo spazio di manovra, sulle persone molto meno. Ai miei figli è ancora poco chiaro che non devono parlarmi insieme, per dire. Eppure lo ripeto come un mantra ogni giorno.
Se ci si trova a un passo dal punto di non ritorno, si può lavorare sul proprio cerchio di influenza. Teorizzato da Stepehn Covey, il cerchio di influenza — detto anche del controllo - aiuta a visualizzare ciò che possiamo gestire da quello che è al di fuori del nostro controllo.
Immagina tre cerchi uno dentro l’altro: la fascia più esterna sarà il cerchio delle preoccupazioni, quello intermedio la sfera di influenza e il nucleo centrale il cerchio delle nostre azioni. Il primo è quello su cui hai zero controllo e rappresenta tutte le preoccupazioni che ti attanagliano, dal lavoro alla situazione geopolitica mondiale. Il secondo è il cerchio su cui hai un margine di influenza e si manifesta quando dai un consiglio o cerchi di cambiare il tuo stile di vita per stare meglio. I bookmaker lo darebbero 50-50.
Il nucleo, il centro di questo schema concentrico, è determinato solo da te, e rappresenta l’unica cosa su cui hai pieno controllo, ovvero le tue decisioni e le tue azioni. Ogni volta che ci avviciniamo al punto di non ritorno, permettiamo a qualcosa o a qualcuno di avere il controllo su di noi. O, viceversa, quando vogliamo avere a tutti i costi il controllo su tutto, allora permettiamo alla sopraffazione di prendere il comando.
La mia psico, quando sono sopraffatta, mi dice di allontanarmi a livello intrapsichico dallo stress interiore. Non ho ancora ben capito cosa significhi, ma so per certo che è un consiglio da non dare a nessunə. È un po’ come quando sei agitata e qualcuno ti dice “stai tranquilla”. A me viene solo da rispondere quello a cui state pensando anche voi: grazie al mazzo.
Mentre cerco di allontanarmi dallo stress scrivendo Atipiche, mi rendo conto che non c’è un manuale di istruzioni da consultare quando ti senti sopraffatta. Uno dei motivi, banalmente, è che non sempre il percorso che arriva alla sopraffazione è lineare o uguale se stesso. Un giorno può essere causato dal lavoro, quello dopo da un’emozione trascurata così a lungo da essere diventata recidiva. L’unico modo che conosco per gestirla è lavorare su me stessa con la psicoeducazione e l’introspezione. E urlare ogni tanto imprecando a caso contro questo mondo crudele.
🛠️ Tips wow – Come smettere di perdere le cose
Quando sento qualcunə che mi dice di essere per forza ADHD perché perde sempre tutto, non so se ridere o piangere. È forse uno dei clichè più abusati del disturbo da deficit dell’attenzione e ogni volta penso: ma davvero siamo ancora a questo punto? C’è bisogno di fare divulgazione e diffondere il verbo neurodivergente, sul serio.
Detto ciò, quella di perdere le cose, è davvero uno dei sintomi più comuni di noi ADHD. A casa nostra è la norma. E ci va di lusso solo perché ho la memoria fotografica. Dall’alto della mia esperienza di manager di casa, ecco i consigli non richiesti della settimana per smetterla, una volta per tutte, di perdere le cose.
Assegnate un posto a ogni oggetto. Vietati gli svuota tasche o quegli spazi dove riporre oggetti non meglio identificati, perché è un attimo che si trasformano in buchi neri.
Usate le etichette su cui scrivere il contenuto. Valgono per mensole, barattoli, agende, cassetti. Se ritenete le etichette poco eleganti, inventatevi un altro modo per suddividere le categorie: colori, adesivi, quello che vi pare.
Siate pratiche. Per quanto riordinare per colore sia il mio feticcio degli ultimi tempi, l’arcobaleno non può essere l’unico criterio di riorganizzazione di abiti e libri. Usare le categorie è molto più utile e pratico: sport, pantaloni, saggistica, fumetti, eccetera eccetera.
Minimalismo è bello. Poche cose e sensate. Fare decluttering stagionale è necessario, per chi ha l’ADHD.
Don’t be dramatic. Se avete perso le chiavi di casa, non disperatevi. Non fate come mio marito. Lui, se non trova subito le chiavi, inizia a pensare che qualcuno le avrà sicuramente trovate e comincia a calcolare quanto tempo ci vorrebbe, provandole a caso in tutte le abitazioni del circondario, a riuscire ad aprire proprio la nostra porta. Invece potrebbe concentrarsi su ciò che è più probabile. Tipo che le abbia lasciate lui attaccate al cancello d’ingresso.
Usate borse e zaini con poche tasche. Troppi scomparti traggono in inganno, perché saremo sempre propense a usarli tutti, fino a dimenticare cosa abbiamo messo dove. L’ultimo mio acquisto è uno zaino che ha due scomparti e che non può essere riempito a dismisura: è diventato la mia salvezza.
Fermatevi sulla porta di casa. L’ingresso è il luogo più insidioso, perché determina la perdita di molti oggetti di uso quotidiano. Quando si entra in casa spesso si hanno le mani occupate da borse della spesa, della palestra, guinzaglio del cane, borraccia, occhiali da sole e giacca leggera, ché finché c’è l’escursione termica del Sinai è un casino vestirsi. Insomma, è quel momento in cui è un attimo buttare tutto a caso e dirsi: ci penso dopo. Ecco, è quel momento in cui è necessario fermarsi e riporre ogni oggetto al suo posto. E se avete figli o animali ad accogliervi entusiasti sulla soglia, ignorateli per un paio di minuti, fino a che non avrete sistemato tutto. Ne va della vostra salute mentale.
📖 Dizionario divergente
Ogni settimana scegliamo una parola che racconta il mondo Atipiche.
Stim: è un termine usato per descrivere quei comportamenti ripetitivi che una persona mette in atto per autoregolarsi, cioè per gestire le emozioni, la concentrazione o lo stress. Si tratta spesso di piccoli gesti o movimenti, come giocherellare con le mani, dondolarsi, ripetere parole o muovere oggetti. Per molte persone neurodivergenti, come quelle autistiche o con ADHD, stimolare è una strategia naturale e spontanea per ritrovare calma o mantenere l’attenzione.
Non è un comportamento da correggere, ma piuttosto da comprendere, perché svolge una funzione importante nel quotidiano. In alcuni casi, però, lo stim può assumere forme che causano disagio o dolore fisico, e in queste situazioni è utile cercare alternative che offrano lo stesso tipo di conforto in modo più sicuro. Riconoscere e rispettare lo stim significa anche accogliere i diversi modi in cui ognuno di noi vive e regola le proprie esperienze sensoriali ed emotive.
Grazie per aver letto Atipiche anche oggi, a venerdì prossimo!
Un abbraccio
Anna




Mentre quest’articolo veniva impaginato (in treno) io ho perso il Kindle.
Per anni ho pensato che la mia borsa successiva sarebbe stata quella perfetta perché avrebbe avuto un sacco di tasche. Poi ho comprato una trousse di Crumpler di quelle per informatici, per cavi e cavetti da PC, in cui ho powerbank/2 cavetti/una penna/fazzolettini/blister dei med indispensabili/panni x occhiali/1 chiavetta e sposto singolarmente la trousse+portafoglio+cell da una borsa all'altra, invece di dover risistemare TUTTO ogni volta. Non ho più dimenticato di mettere in borsa NIENTE 😊
P.s. vanno bene anche le bag-in-bag, se si usano borse più grandi di quelle che uso io. Vantaggio, ci stanno anche le borracce, d'estate.