Fra i due adulti in famiglia, quello nerd o geek sono decisamente io. T-shirt alla Sheldon Cooper, passione per la fantascienza, il fantasy, l’horror, la tecnologia. Pedanteria assicurata – un regalo dell’ADHD – e pure tante piccole manie. Tipo, che so, fermare una serie tv che stiamo vedendo per dissertare su come è stata fatta quella certa scena. Oppure per raccontare un aneddoto, un fun fact.
Se hai visto Adolescence, puoi immaginare che sono subito andato a vedermi il making of (occhio: contiene spoiler), felice di aver capito gli snodi tecnici dei piani sequenza.

Insomma, con queste premesse non potevo che essere quello che si occupa di intelligenze artificiali. Le insegno anche, per la cronaca. E le uso in tanti modi diversi. Dopo aver letto il modo in cui Anna usa la macchina per evitare la procrastinazione, ho pensato di condividere un po’ di pensieri e strategie.
🤖 Un ordine per il mio caos
Una delle cose che ho trovato più utili di ChatGPT, lo strumento di intelligenza artificiale che ho scelto per lavoro, è il fatto che posso spiegare alla macchina quel che ho in mente, in maniera caotica e ADHD, e ottenere in cambio un percorso strutturato che devo seguire con precisione. Per me è fondamentale: non sono capace di organizzare facilmente il mio tempo – con quello degli altri, quando occorre, è diverso – né di spacchettare tutte le attività che devo fare.
Anche di fronte a prompt – le richieste per le AI si chiamano così – particolarmente complessi come quello che ho messo qui sopra, la macchina risponde in maniera strutturata.
“Di cosa hai bisogno da parte mia per aiutarmi al meglio?” è la domanda cruciale con cui inizio ogni compito che voglio fare con ChatGPT.
Nel caso dell’organizzazione del mio tempo, la risposta è stata una lista di domande alle quali ho solo dovuto rispondere pedantemente. Comincia così, come vedi nell’immagine.
Ho lavorato un po’ per rispondere alle richieste di ChatGPT e alla fine sono arrivato a farmi fare una struttura di calendario che poi ho messo nel mio calendar di Google e che è fatta più o meno così.
Un salto di qualità notevole rispetto al mio abituale modo di gestire i calendar. Ci ho messo un paio d’ore di lavoro in tutto. Poi ho chiesto a ChatGPT di aiutarmi anche a mettere in calendario una routine di revisione. Perché, diciamoci la verità: mi piacerebbe avere una vita così ordinata e regolare, ma non lo è affatto.
E così ho avuto la mia lista di cose da controllare il venerdì pomeriggio, che poi ho revisionato. Questa è una parte della prima bozza, per darti un’idea.
Insomma, come vedi mi piace giocare con le macchine ma anche usarle per stare meglio. Ho risolto il caos? No, certo. Ci sto lavorando e mi piace lavorarci così? Sì, decisamente.
Insegnando a usare questi strumenti, però – in azienda o per singole persone – mi sono reso conto che non tuttə sono a proprio agio nel parlare a una macchina. Infatti mi trovo spesso a fare da interfaccia fra le AI e le persone: è diventato un lavoro, che in pratica mi sono inventato di sana pianta.
Pensando alla mia esperienza personale e a quel che faccio coi clienti, mi è venuta quest’idea un po’ strana e da verificare: che le persone ADHD possano essere in qualche modo facilitate a “relazionarsi” con un’intelligenza artificiale. Così ho cominciato a cercare.
💡ADHD e AI: strutture di linguaggio comuni?
Di studi ce ne sono ancora pochi, come puoi immaginare: siamo ancora nel campo dell’aneddotica. Ma l’aneddotica è decisamente dalla parte di questa mia ipotesi.
Prima ho trovato David Meer. Psicoterapista esperto in neurodivergenze (in particolare autismo) e a sua volta neurodivergente, Meer scrive di aver notato affinità con le AI: “Sembra che interagiamo con le intelligenze artificiali con facilità intuitiva. È un fenomeno che si estende oltre la semplice competenza tecnologica. Molte persone che vedo in terapia, comprese quelle che non hanno professioni incentrate sulla tecnologia, hanno provato conforto nel comunicare con le intelligenze artificiali. Ciò non sorprende, dato che l'intelligenza artificiale, al suo interno, è un sofisticato modello di linguaggio. Risuona con la comune inclinazione autistica verso modelli strutturati e logici”.
Incoraggiato da questa prima conferma sono andato avanti.
Su Additude raccontano che molte persone adulte ADHD usano ChatGPT e simili come collaboratori cognitivi e fanno una rassegna di alcune esperienze. A quanto pare si sta consolidando l’idea che le AI possano dare una mano per la funzione esecutiva.
Cioè per pianificare, stabilire le priorità ed eseguire compiti complessi spacchettandoli in compiti più semplici. Proprio quel che molte persone ADHD fanno fatica a fare (e proprio quel che ho fatto io con la struttura della mia agenda).
L’affinità, insomma, sembra biunivoca: alla maggiore facilità di comunicare con le macchine corrisponde un beneficio nel farlo.
In pratica, è come se le AI, che funzionano in maniera statistica, parlassero la lingua del pensiero neurodivergente più di quanto facciano molti neurotipici: niente doppi sensi, niente sarcasmo, niente segnali sociali impliciti che possono generare incomprensioni. Wow.
Da questa sinergia possono nascere possibilità enormi.
“Per persone neurodivergenti come noi”, scrivono George Eckton e Angela Prentner Smit, “le intelligenze artificiali rappresentano una tela su cui possiamo progettare. Da un lato le reti neurali artificiali, dall’altro le persone neurodivergenti: possono eccellere entrambe nel riconoscere schemi e risolvere problemi al di fuori dei percorsi convenzionali”.
Insomma, va a finire che se impariamo a usarle, le AI ci danno pure un po’ di superpoteri. E il bello è che moltə lo stanno già facendo.
Come usiamo le AI?
Uno studio del 2024 ha analizzato il modo in cui varie persone ADHD – e con altre neurodivergenze – usano le intelligenze artificiali. Il materiale di partenza sono le conversazioni pubbliche di 61 diverse community su Reddit È venuto fuori che i compiti più gettonati sono:
gestire impegni (scomporli in compiti più piccoli, dare proprità…);
sintetizzare informazioni;
assistenza nello sviluppo professionale (per esempio, per migliorare un curriculum evidenziando, dalla propria esperienza, ciò che è più rilevate per l’azienda che offre lavoro);
apprendimento (AI usate come tutor molto pazienti);
comunicazione (e controllo del tono di voce). Per esempio, chi ha difficoltà con alcuni tipi di contesto sociale usa le AI per “provare” un certo dialogo o un modo di rivolgersi ad altre persone;
supporto emotivo (un po’ come ha fatto Anna la scorsa settimana, ricordi?)
🚩 Mentre scrivo vedo già le bandierine rosse che si agitano, le grida d’allarme, le preoccupazioni: ma non è che tutto questo ci toglierà il contatto umano? Be’, siamo noi a deciderlo. Certo, bisogna dotarsi di consapevolezza: le AI non risolveranno tutti i tuoi problemi ma possono essere ottimi assistenti. E la perdita di contatto umano è una delle paure espresse dai partecipanti allo studio (insieme a quella di ricevere informazioni false dalle macchine).
Per me è molto più interessante notare che la community neurodivergente oggetto di studio ha sviluppato anche strategie condivise per migliorare l’esperienza con le AI: si scambiano comandi e strategie – ad esempio suggerendo di chiedere risposte “in stile neurodivergente” o con formattazioni particolari – e si segnalano i limiti. A volte sembra che le macchine siano un po’ “troppo neurotipiche”. Per forza: sono macchine statistiche e noi ADHD siamo comunque una minoranza.
⚒️ Un salvagente non ti insegna a nuotare
Infine, nella mia ricerca mi sono imbattuto nel professor John Mitchell della Duke University School of Medicine in North Carolina. “Le AI sono uno strumento nella cassetta degli attrezzi”, dice. Non devono certo prendere il posto della terapia comportamentale o dei farmaci, né essere usate per dare consigli medici. “Se stai annaspando sul lavoro e le AI ti aiutano a sopravvivere”, conclude Mitchell, “be’, allora ottimo: stai galleggiando. Ma non sai ancora come nuotare”.
Niente illusioni. Ma tanta apertura mentale neurodivergente.
Grazie per avermi seguito fin qui,
Alberto
Mi piace molto come hai saputo pianificare ed organizzare. Non ho AD/HD ma tendo molto a volere il controllo su tempi e modi. Mi soddisfa avere la possibilità di scegliere e di organizzare il tempo secondo i miei ritmi.
Grazie Alberto!
Da au/dhd sono piuttosto scettico su questa applicazione dell'AI come planner. Il mio problema non è fare piani: è seguirli. Può fare i piani più belli del mondo ma io non li seguirò perché la mia testa va dove vuole.